I love shopping
Porto il numero 34 e per questo ho sempre avuto difficoltà a trovare scarpe che mi stessero bene e che soprattutto non fossero da bambina.
Sono dovuta arrivare a Londra per trovare dei negozi che vendessero scarpe da donna dal numero 27 al 51, scarpe con il tacco, solo più piccole. Mi ricordo la felicità mentre provavo un paio di sabot dal tacco vertiginoso, accanto a me una ragazza molto molto femminile provava invece un paio di scarpe nr.51.
E sapete una cosa?
Mentre ero lì che provavo i miei splendidi sabot, nessuno mi ha guardato con condiscendenza o mi ha trattato in modo diverso. Per le commesse ero solo una donna che desiderava un paio di sabot.
Un altro posto dove si possono trovare scarpe di tutti i numeri è Parigi.
E a Roma, la città più bella del mondo?
A Roma, fino a poco tempo fa, c’era un solo negozio che aveva scarpe con numeri piccoli, ma la scelta non era tra le migliori e soprattutto per loro ero un’aliena e mi trattavano come tale.
Per quanto riguarda i vestiti sono stata più fortunata, ad un certo punto della mia vita ho incontrato due donne splendide, proprietarie di un negozio che non è solo un negozio ma una vera “bottega delle meraviglie”. Qui riesco a trovare gli abiti che piacciono, di buona qualità e soprattutto che mi stanno bene. Riescono a fare meraviglie come quella volta che hanno trasformato una gonna di tulle grigio immensa in una gonna da principessa della mia misura. Sono passati un po’ di anni ed è ancora la mia preferita.
Di qualsiasi forma possano essere, i nostri corpi non ci provocherebbero tanto disagio se scoprissimo qual è il loro posto nel mondo. E se soprattutto venissero rappresentati.
Le cose piano piano stanno cambiando. Ultimamente alcune riviste di moda come Donna Moderna e Vogue hanno dedicato la propria copertina e ampi servizi alle donne con disabilità, a corpi diversi ed estremamente sensuali.
Victoria’s Secrets non fa più sfilate, il mondo si è stancato di vedere donne perfette, perché la realtà è composta da una pluralità di corpi tutti differenti che vuole vedersi rappresentata. E infatti sul loro sito hanno iniziato ad utilizzare modelle non stereotipate per pubblicizzare i loro prodotti.
Anche su Amazon, Cider e altri siti di abbigliamento si trovano persone con acondroplasia, in sovrappeso, insomma, tutti i corpi. Amazon però fai qualcosa, perché il completo indossato dalla ragazza con acondroplasia non si può guardare per quanto è brutto. Ci meritiamo di meglio.
Vi racconto una cosa: facendo acquisti su questi siti mi è capitato di vedere, mutandine, vestiti, gonne e pantaloni indossati da corpi che non erano quelli irraggiungibili delle modelle. Beh, per un nano secondo (misurazione del tempo personalizzata) il primo impatto è stato forte anche per me. Questo significa che abbiamo introiettato talmente tanto lo stereotipo di perfezione inculcatoci in tutti questi anni, che anche una persona come me, che da sempre combatte contro gli stereotipi, ha avuto per un attimo difficoltà, figuriamoci per chi non è neanche consapevole di quegli stereotipi! Per questo è sempre più necessario lavorare sull’immaginario, fare cultura.
Però io non mi accontento. Non basta vedere rappresentate le persone come me negli spot pubblicitari o sui siti. Vorrei che le grandi firme di abbigliamento, scarpe, accessori, bellezza, rispondessero veramente ai bisogni delle persone disabili. Sarebbe totalmente inutile far parte di uno spot per una marca di abbigliamento che non preveda nelle sue collezioni vestiti anche per le persone con disabilità.
Ma per favore non chiamiamoli pubblicità inclusiva, linea di abbigliamento adaptive, accessori adaptive. Non aggiungiamo etichette. Sono vestiti, accessori e scarpe che devono essere rivolti alla grande varietà di corpi che abita il mondo e non devono ghettizzare ancora di più, dandoci il contentino.
Signori ricordatevi che il 15% della popolazione mondiale ha una disabilità e che questo 15% è un potenziale ottimo cliente.
Volete un consiglio? Non dovete adattare, dovete usare la creatività.